Italia e pannelli solari: la corsa agli incentivi più alti d’Europa

Il primo passo compiuto dall’Unione Europea verso una strategia a favore dell’energia rinnovabile risale al 20.11.1996, quando la Commissione Europea ha adottato il Libro Verde “Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili”, che ha suscitato un vasto ed acceso dibattito incentrato sulle misure prioritarie da attuare a livello comunitario e nazionale al fine di incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili e di ridurre le importazioni di petrolio proveniente dai paesi produttori dell’OPEC, dai cui attualmente dipende circa il 50% del nostro approvvigionamento energetico

La normativa comunitaria e nazionale. Dal Libro Verde dell’Unione Europea al Conto Energia italiano

Il primo passo compiuto dall’Unione Europea verso una strategia a favore dell’energia rinnovabile risale al 20.11.1996, quando la Commissione Europea ha adottato il Libro Verde “Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili”, che ha suscitato un vasto ed acceso dibattito incentrato sulle misure prioritarie da attuare a livello comunitario e nazionale al fine di incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili e di ridurre le importazioni di petrolio proveniente dai paesi produttori dell’OPEC, dai cui attualmente dipende circa il 50% del nostro approvvigionamento energetico.

Nel 1997 è seguita l’adozione del Libro Bianco per una strategia e un piano di azione della Comunità e nel 2001 quella del Libro Verde sulla sicurezza dell’approvvigionamento energetico, che si è occupato anche del tema della dipendenza energetica dei Paesi membri.

In Italia, l’impulso maggiore alla promozione delle fonti rinnovabili è avvenuto con la direttiva 2001/77/CE a cui è stata data attuazione con il D.lgs. n. 387/2003 (G.U. 31.01.2004 n. 25) con il quale da un lato è stata prevista la semplificazione delle procedure amministrative per la realizzazione degli impianti nel rispetto delle competenze dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali e dall’altra è stato introdotto un sistema di incentivi miranti alla diffusione delle fonti rinnovabili nella produzione energetica.

Il recepimento nel diritto italiano. La procedura amministrativa

In applicazione dell’art. 6 della Direttiva 2001/77/CE, l’art. 12 del D.lgs. n. 387/2003 dispone che la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento e riattivazione nonché le opere e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica rilasciata dalla regione o dalle province. Il procedimento di autorizzazione deve giungere a conclusione entro un termine massimo di 180 giorni. Il rilascio dell’autorizzazione deve contenere l’obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell’impianto.

L’art. 12, comma 7, del D.lgs. n. 387/2003, riconosce la possibilità di realizzare gli impianti anche in zone urbanisticamente considerate agricole, soprattutto in considerazione della finalità di protezione dell’ambiente perseguite dalla predetta attività imprenditoriale, ampliando conseguentemente le zone e le aree del territorio abilitate a produrre energia, prima limitate alle zone industriali e commerciali.

Gli incentivi previsti dal c.d. Conto Energia

Il vero sviluppo del settore si è avviato a seguito dell’emanazione del decreto del 19.02.2007 del Ministero dello Sviluppo economico di concerto con il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare che, in attuazione dell’art. 7 del citato D.lgs. n. 387/2003, ha introdotto la nuova disciplina del c.d. Conto Energia.

Il Conto Energia è un programma di incentivazione che nasce con l’obiettivo di supportare la diffusione del fotovoltaico in Italia, ai sensi del quale l’energia prodotta da impianti fotovoltaici ha diritto ad una tariffa incentivante che varia in considerazione della potenza nominale e della tipologia dell’impianto (integrato, semintegrato o non integrato).

La tariffa incentivante è riconosciuta per un periodo di vent’anni a decorrere dalla data di entrata in esercizio dell’impianto e rimane costante per l’intero periodo di incentivazione. Tale previsione ha notevolmente favorito lo sviluppo del settore proprio in virtù della redditività costante dell’investimento, garantita dalla tariffa incentivante.

A partire dall’anno 2009, con decreti da emanarsi con cadenza biennale, sono state ridefinite le tariffe incentivanti per gli impianti che entrano in esercizio negli anni successivi al 2010.

La terza edizione del sistema incentivante è entrata ufficialmente in vigore il 01.01.2011 e scadrà il 31.12.2013. I soggetti responsabili, ammessi a beneficiare degli incentivi, sono persone fisiche, persone giuridiche, soggetti pubblici o condomini di unità immobiliari ovvero di edifici. Pur mantenendo invariata la struttura essenziale del meccanismo incentivante, ci sono importanti novità a partire dal 2011 che riguardano in primis le tariffe economiche, le classi di potenza e le tipologie di impianti incentivati.  In più vengono introdotti dei premi per favorire l’abbinamento del fotovoltaico ad un uso efficiente dell’energia, per incentivare la sostituzione di eternit e la loro installazione in aree particolari come discariche, cave, aree ex industriali e siti da bonificare.

Guida agli investimenti: la qualificazione giuridica degli impianti fotovoltaici

Il primo passo da compiere per coloro che intendono investire in Italia è quello di valutare quale tipologia di contratto stipulare in loco, tenendo in considerazione i costi ed i rischi sottesi alla soluzione prescelta.

In via preliminare, al fine di poter compiere tale valutazione, è necessario qualificare giuridicamente gli impianti fotovoltaici, ovvero stabilire se essi appartengano alla specie del beni mobili o dei beni immobili. Tecnicamente l’impianto fotovoltaico è composto da una serie di componenti collegati funzionalmente tra loro tramite cavi elettrici e strutture di sostegno ed include: a) Dei moduli o pannelli fotovoltaici, cioè i dispositivi in grado di convertire l’energia solare direttamente in energia elettrica; b) Un inverter, cioè il componente che trasforma la corrente continua prodotta dai pannelli fotovoltaici in corrente alternata; c) Un misuratore, cioè il dispositivo atto a quantificare l’energia elettrica totale prodotta dall’impianto fotovoltaico; d) Un contatore di rete, dispositivo atto a quantificare l’energia elettrica effettivamente immessa in rete, al netto di eventuali autoconsumi; e) Dei cablaggi, ossia cavi elettrici che trasportano l’energia prodotta dai pannelli all’inverter; f) Dei cavi elettrici che dall’inverter permettono l’immissione dell’energia elettrica, trasformata in alternata, direttamente alla rete.

Secondo quanto dispone l’art. 2 comma 1 del D.M. 19.02.2007, l’impianto fotovoltaico può essere: non integrato, ossia con moduli ubicati al suolo; parzialmente integrato, se i pannelli sono posizionati su elementi di arredo urbano e viario, superfici esterne degli involucri di edifici, fabbricati e strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione; totalmente integrato, se i moduli sono architettonicamente integrati nei predetti elementi di arredo urbano e viario, superfici e fabbricati. Sulla base della descrizione di un impianto fotovoltaico, costituito da singoli elementi mobili, si pone la possibile configurazione dello stesso come bene immobile, per effetto dell’incorporazione al terreno o alla costruzione cui viene installato o collocato.

La disciplina civilistica dalla quale va desunta la qualifica di un bene come immobile oppure come mobile è contenuta nell’art. 812 cod. civ. Secondo il comma 1, il suolo, le sorgenti, i corsi d’acqua, gli alberi, gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo, costituiscono bene immobile. Qualsiasi costruzione che sia incorporata o materialmente congiunta al suolo, anche a scopo transitorio, è qualificata come bene immobile. La cosa incorporata perde la sua autonomia fisica o anche giuridica quando sia impossibile procedere alla sua separazione senza causarne la contemporanea dissoluzione o sostanziale alterazione. Secondo i criteri sopra richiamati è stato dichiarato immobile un distributore self service di benzina; sono considerati immobili, ancorché non organicamente fissati al suolo, i chioschi, le baracche e le capanne, i frantoi per olive, assicurati al suolo da opere murarie, i serbatoi comunque incorporati al suolo, considerati non isolatamente dalla massa che in essi si raccoglie, ma un tutt’uno con essa.

La nozione di bene mobile è invece determinata in via di esclusione, sicché sono ricompresi tra i beni mobili tutti quelli che non sono riconducibili alla categoria degli immobili. In estrema sintesi, si può affermare che non sono ritenute decisive le modalità tecniche con le quali un bene mobile viene infisso in un bene immobile, al fine di stabilire se il bene mobile debba essere poi considerato mobile o immobile (per incorporazione). Ciò che rileva è che il bene mobile divenga una parte strutturale del bene immobile con la creazione di un bene complesso da cui consegua la perdita dell’autonomia fisica e giuridica del bene mobile.

Sulla base dei principi sopra enunciati si può affermare che, considerando le caratteristiche tecniche e costruttive degli impianti fotovoltaici intesi come complesso di componenti tra loro collegati mediante strutture metalliche, cavi e cablaggi elettrici, questi ultimi, anche se fossero collocati su un edificio (quali impianti integrati o semintegrati), non darebbero mai luogo all’incorporazione dei beni mobili che li compongono con l’immobile sul quale sono costruiti o collocati, in quanto non incorporati al suolo, ma facilmente separabili ed asportabili dal bene immobile medesimo.

Le disposizioni catastali e fiscali e la qualificazione civilistica degli impianti fotovoltaici

Sul tema della qualificazione dell’impianto fotovoltaico quale bene mobile o immobile, si evidenziano le posizioni contrastanti assunte dall’Agenzia del Territorio, da una parte e dall’Agenzia delle Entrate, dall’altra. L’Agenzia del Territorio, che assimila i moduli fotovoltaici alle turbine delle centrali idroelettriche, ritiene che gli impianti in oggetto debbano essere accertati nella categoria catastale “D/1 Opifici” e che nella determinazione della relativa rendita catastale debbano essere inclusi i pannelli fotovoltaici, in analogia alla prassi adottata in merito alle turbine delle centrali elettriche. Al contrario, l’Agenzia delle Entrate, affrontando il tema del trattamento fiscale dei ricavi derivanti dalla vendita dell’energia prodotta in eccesso come componenti del reddito d’impresa, precisa che l’impianto fotovoltaico utilizzato costituisce bene strumentale rispetto all’attività svolta e che, con riferimento all’impianto fotovoltaico situato su un terreno, esso non costituisce impianto infisso al suolo, proprio in quanto i moduli che lo compongono, cioè i pannelli solari, possono essere agevolmente rimossi e posizionati in altro luogo, mantenendo inalterata la loro originaria funzionalità (circolare 46/E del 19.07.2007; circolare 38 dell’11.04.2008). In tal senso si è espressa di recente anche la Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, che esclude l’assoggettabilità all’ICI dei parchi eolici, non ritenendoli assimilabili ad un opificio industriale (categoria D1 del catasto), bensì classificabili nella categoria catastale E, perché qualificati dalla normativa vigente come opere di pubblico interesse e di pubblica utilità. La tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate è stata nuovamente confermata con la circolare n. 38/E del 23.07.2010, dove proprio in ragione del contrasto sorto con l’Agenzia del Territorio, la prima ribadisce che “l’impianto fotovoltaico situato su un terreno non costituisce impianto infisso al suolo in quanto normalmente i moduli che lo compongono (i pannelli solari) possono essere agevolmente rimossi e posizionati in altro luogo, mantenendo inalterata la loro originaria funzionalità.”.

Il contratto di locazione delle aree adibite all’installazione di impianti fotovoltaici.

Dopo aver qualificato giuridicamente in termini di bene mobile l’impianto fotovoltaico, bisogna valutare che tipo di contratto è consigliabile stipulare al fine di massimizzare i profitti e minimizzare i rischi.  Una prima ipotesi è quella di acquistare l’area sulla quale si intende installare l’impianto fotovoltaico; diversamente, si potrebbe optare per la costituzione di un diritto reale di superficie, ovvero stipulare un contratto di locazione ultranovennale. Sul tema si è acceso un forte dibattito con riferimento all’eventuale operatività, in caso di istallazione di impianto fotovoltaico su un’area appartenente a diverso proprietario, del principio dell’accessione di cui all’art. 934 cod. civ. secondo il quale qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo, fatte salve le ipotesi particolari e salvo che risulti diversamente dal titolo o dalla legge. In ragione del fatto che con l’installazione di un impianto fotovoltaico non si verifica alcuna incorporazione, bisogna escludere che nella fattispecie in esame possano ravvisarsi i presupposti in base ai quali opera l’istituto dell’accessione: ad ogni modo, onde evitare il sorgere di qualsiasi controversia, gli effetti dell’art. 934 cod. civ. possono essere esclusi proprio dal titolo che disciplina i rapporti tra proprietario del suolo e proprietario della costruzione o dell’opera esistente sul suolo. Il problema che sorge, a questo punto, è quello di verificare quale possa essere il titolo idoneo ad evitare l’operatività dell’accessione.

La dottrina ritiene che l’unico modo per escludere gli effetti dell’accessione sia la costituzione di un diritto reale di superficie. Secondo la giurisprudenza, invece, è possibile derogare al principio dell’accessione anche con semplici accordi aventi natura ed effetti obbligatori. Gli unici atti negoziali derogativi dell’accessione ai quali la giurisprudenza nega efficacia sono quelli stipulati in forma verbale: di conseguenza la soluzione ideale sembra quella di stipulare di un contratto di locazione ultranovennale assoggettato a trascrizione ex art. 2643, comma 1 n. 8) cod. civ. Il contratto di locazione ultranovennale, in quanto atto negoziale opponibile ai terzi perché munito di data certa ex art. 2704 cod. civ. e perché trascritto, nel momento in cui  attribuisce al conduttore il godimento del terreno e dello spazio ad esso sovrastante, lo legittima a realizzare l’impianto fotovoltaico, del quale quest’ultimo rimane proprietario esclusivo. Nonostante nel contratto di locazione la legittimazione alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico possa considerarsi implicitamente accordata in quanto espressione del diritto di godimento del terreno, si consiglia di prevedere espressamente nelle clausole il diritto di costruire gli impianti fotovoltaici, specificando che la proprietà degli stessi sarà mantenuta in capo al conduttore in deroga all’accessione e che, in ogni momento ed al termine della locazione, per qualsiasi causa, il conduttore avrà l’insindacabile diritto di rimuovere ed asportare tutti gli impianti e le strutture realizzate sul suolo.

Lo stato attuale degli investimenti e la sfida per il 2020

Un occhio ora ai numeri della corsa al fotovoltaico. In Italia lo stato degli investimenti ha superato ogni aspettativa. Nel giro di un solo anno, dal 2009 al 2010, il numero degli impianti allacciati alla rete è cresciuto del 160%, determinando una crescita della potenza prodotta dal fotovoltaico che è passata dai 1.142 megawatt registrati a fine 2009 ai 7.000 megawatt di fine 2010. A seguito della cosiddetta Legge salva-Alcoa, circa 55.000 nuovi impianti, con una potenza di 3.771 megawatt, avranno diritto alle tariffe incentivanti 2010 anche se verranno allacciati alla rete entro giugno 2011, a condizione che abbiano terminato i lavori di realizzazione entro il 31 dicembre scorso. In sostanza, la corsa ai vecchi incentivi, più favorevoli rispetto ai nuovi entrati in vigore all’inizio del 2011, ha provocato il balzo di fine anno.

Nel 2008 il fotovoltaico pesava sulle bollette per 80 milioni, nel 2009 per 270 milioni e nel 2010 si sarebbe fermato a 755 milioni, contando solo gli impianti allacciati. Cifre importanti, ma di gran lunga inferiori a quelle elargite ai produttori delle fonti fossili, che nel 2009 hanno pesato per 900 milioni. Ad ogni modo, i 55.000 nuovi impianti prima o poi verranno allacciati alla rete elettrica e se non si qualificheranno per gli incentivi 2010, beneficeranno di quelli previsti per il 2011, con la conseguenza che già nel corso di quest’anno si potrebbe raggiungere la quota di 8.000 megawatt fotovoltaici per un peso complessivo di circa 3 miliardi, che il Piano d’Adozione nazionale sulle fonte rinnovabili aveva previsto per l’anno 2020.

Infine si segnala che proprio in questi giorni il Consiglio dei Ministri ha fatto sapere che anche in caso di raggiungimento del tetto di 8.000 mw, non ci sarà nessuno stop agli incentivi per il fotovoltaico, ma che i fondi saranno tagliati già a partire dal prossimo giugno, anche se, di contro, il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, in seguito al disastro nucleare di Fukushima, ha annunciato che il governo rivedrà certamente la propria strategia energetica. Al momento in cui si scrive, la bozza del “D.M. incentivi” è passata all’esame della Conferenza dei Presidenti di Regione. Occorre, da ultimo, segnalare il ricorso preventivo ai sensi dell’art. 26 del trattato sulla Carta dell’energia, presentato contro lo stato italiano da parte di un gruppo di investitori stranieri preoccupati per la sorte dei denari già investiti proprio in previsione di una certa misura di incentivi.

Il consiglio: affrettatevi, prestando attenzione alle ultime novità in materia (in primis, la misura degli incentivi).


Studio Legale Reichel
Doris Reichel
Avvocato/Rechtsanwältin

Il presente documento è stato elaborato interamente dallo Studio Legale Reichel. Tutti i diritti sono riservati. Il documento è soggetto alle norme nazionali ed internazionali sul copyright. Lo Studio, fatta salva ogni eventuale azione a tutela dei propri diritti, declina ogni responsabilità in ordine all’utilizzo improprio del testo o di parti di esso.