La Convenzione di Ginevra del 19 settembre 1949 (ratificata con legge 19 maggio 1952, n. 1049) e successivamente la Convenzione di Vienna del 1968 (che ha sostituito la precedente tra le parti firmatarie) hanno imposto a tutte le nazioni aderenti di riconoscere il certificato di immatricolazione dello Stato di origine del veicolo per un periodo non inferiore ad un anno.
La Convenzione di Ginevra del 19 settembre 1949 (ratificata con legge
19 maggio 1952, n. 1049) e successivamente la Convenzione di Vienna del
1968 (che ha sostituito la precedente tra le parti firmatarie) hanno
imposto a tutte le nazioni aderenti di riconoscere il certificato di
immatricolazione dello Stato di origine del veicolo per un periodo non
inferiore ad un anno.
In conformità a tali convenzioni, l’articolo 132 del Nuovo Codice della
Strada prevede che gli autoveicoli, i motoveicoli e i rimorchi
immatricolati in uno Stato estero, adempiute le formalità doganali, se
prescritte, sono ammessi a circolare in Italia per la durata massima di
un anno, in base al certificato di immatricolazione dello Stato di
origine; decorso tale termine non possono più circolare se non vengono
nazionalizzati (cioè immatricolati in Italia), pena l’applicazione della
sanzione pecuniaria di cui al successivo comma 5 (e non dell’articolo
97 comma 3).
Prima di varcare il confine, è quindi opportuno informarsi ed accertarsi
di essere in regola con le normative vigenti, perché le sanzioni sono
severe e, in alcuni casi, possono addirittura comportare la confisca del
veicolo.
L’IMPORTAZIONE DEFINITIVA
L’importazione definitiva si realizza con il pagamento dei diritti
doganali (che non sono dovuti per i veicoli immatricolati in un paese
UE) e/o previo assolvimento degli obblighi inerenti al pagamento
dell’IVA (escluso il caso di veicoli usati con più di 6 mesi e con una
percorrenza superiore a 6000 km, o per altre cause d’esenzione).
Gli adempimenti relativi all’importazione definitiva devono essere
adempiuti sia nel caso del residente all’estero (cittadino italiano o
non) che, trasferendosi in Italia, porta con sé il veicolo immatricolato
all’estero, sia nel caso del residente nel territorio doganale che
importi un veicolo acquistato all’estero (in tal caso il veicolo,
esperite le formalità doganali, se prescritte, potrà essere dotato di
documenti provvisori per le operazioni di esportazione).
Nel caso il veicolo venga introdotto in Italia definitivamente da un
Paese terzo e sia dotato di targhe e documenti di circolazione
provvisori, limitati nella validità per le operazioni di esportazione,
si possono verificare le seguenti circostanze:
Ipotesi n. 1
Se il documento doganale è scaduto (ma i documenti provvisori di
circolazione sono in corso di validità): il veicolo va accompagnato al
posto di dogana o presso il Comando di polizia tributaria; in mancanza
il veicolo è soggetto a sequestro con trasmissione degli atti al
Comando di polizia tributaria. In questo caso si ha illecito finanziario
per evasione della tassa automobilistica con conseguente segnalazione
alla Direzione Generale delle entrate (se ovviamente la tassa non è
stata pagata e dal momento in cui i documenti sono scaduti).
Se non vi è stata comunicazione al PRA entro 10 giorni dell’acquisto del
veicolo, si è inoltre sanzionabili per la commissione dell’illecito
amministrativo di cui all’art. 4 del R.D. 452/26[1] .
Ipotesi n. 2
Se la circolazione, pur nel periodo di validità del documento doganale e
dei documenti provvisori di circolazione, avviene su un itinerario
diverso da quello previsto o comunque necessario per raggiungere la
dogana di destinazione oppure con veicolo condotto da persona diversa da
quella a cui il documento è intestato: si ha una violazione
dell’articolo 19 della Convenzione del transito comunitario con
conseguente accompagnamento alla dogana o al Comando di polizia
tributaria. In mancanza il veicolo è soggetto a sequestro con
trasmissione degli atti al Comando di polizia tributaria.
Ipotesi n. 3
Se sono state adempiute le formalità doganali ma sono scaduti i
documenti esteri provvisori e le targhe (senza quindi che sia stata
effettuata l’immatricolazione definitiva in Italia): si ha illecito
finanziario per evasione della tassa automobilistica con conseguente
segnalazione alla Direzione Generale delle entrate (se ovviamente la
tassa non è stata pagata, dal momento dell’adempimento delle formalità
doganali). Vi è inoltre violazione dell’articolo 93/7 del D.lgs 30
aprile 1992, n.285, secondo cui “Chiunque circola con un veicolo per il
quale non sia stata rilasciata la carta di circolazione è soggetto alla
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 398 a euro
1.596. Alla medesima sanzione è sottoposto separatamente il proprietario
del veicolo o l’usufruttuario o il locatario con facoltà di acquisto o
l’acquirente con patto di riservato dominio. Dalla violazione consegue
la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo,
secondo le norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI”.
Se non vi è stata comunicazione al PRA entro 10 giorni dall’acquisto del
veicolo si ha inoltre commissione dell’illecito amministrativo di cui
all’art. 4 del R.D. 452/26 .
Ipotesi n. 4
Nei casi in cui vi sia stata importazione del veicolo straniero senza il
pagamento dei diritti doganali, quando dovuti, si ha il reato di
contrabbando ex art. 282, lettera d) del codice doganale, secondo cui:
“E‘ punito con la multa non minore di due e non maggiore di dieci volte i
diritti di confine dovuti chiunque:
a) introduce merci estere attraverso il confine di terra in violazione
delle prescrizioni, divieti e limitazioni stabiliti a norma
dell’articolo 16;
b) scarica o deposita merci estere nello spazio intermedio tra la frontiera e la più vicina dogana;
c) è sorpreso con merci estere nascoste sulla persona o nei bagagli o
nei colli o nelle suppellettili o fra merci di altro genere od in
qualunque mezzo di trasporto, per sottrarle alla visita doganale;
d) asporta merci dagli spazi doganali senza aver pagato i diritti dovuti
o senza averne garantito il pagamento, salvo quanto previsto nell’art.
90;
e) porta fuori del territorio doganale, nelle condizioni prevedute nelle
lettere precedenti, merci nazionali o nazionalizzate soggette a diritti
di confine;
f) detiene merci estere, quando ricorrano le circostanze prevedute nel secondo comma dell’art. 25 per il delitto di contrabbando”.
Si osservi inoltre che in questi casi è sempre prevista l’applicazione
della misura di sicurezza patrimoniale della confisca, ex art. 301 del
citato testo di legge, ai sensi del quale: “1. Nei casi di contrabbando è
sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate
a commettere il reato e delle cose che ne sono l’oggetto ovvero il
prodotto o il profitto. 2. Sono in ogni caso soggetti a confisca i mezzi
di trasporto a chiunque appartenenti che risultino adattati allo
stivaggio fraudolento di merci ovvero contengano accorgimenti idonei a
maggiorarne la capacità di carico o l’autonomia in difformità delle
caratteristiche costruttive omologate o che siano impiegati in
violazione alle norme concernenti la circolazione o la navigazione e la
sicurezza in mare. 3. Si applicano le disposizioni dell’articolo 240 del
codice penale se si tratta di mezzo di trasporto appartenente a persona
estranea al reato qualora questa dimostri di non averne potuto
prevedere l’illecito impiego anche occasionale e di non essere incorsa
in un difetto di vigilanza. 4. Nel caso di vendita all’asta di mezzi di
trasporto confiscati per il delitto di contrabbando, qualora
l’aggiudicazione non abbia luogo al primo incanto, l’asta non può essere
ripetuta e i mezzi esecutati vengono acquisiti al patrimonio dello
Stato. 5. Le disposizioni del presente articolo si osservano anche nel
caso di applicazione della pena su richiesta a norma del titolo II del
libro VI del codice di procedura penale.
Si applica in ogni caso il sequestro del veicolo”.
La sola omissione delle formalità doganali, quando i diritti non sono dovuti, non integra la violazione di cui sopra.
L’IMPORTAZIONE TEMPORANEA
Il regime di importazione temporanea è stato introdotto dalla
convenzione di New York del 4 giugno 1954 (ratificata con legge 27
ottobre 1957, n.1163), che tratta la disciplina doganale dei veicoli
appartenenti a persone che hanno la loro normale residenza fuori del
territorio doganale[2].
La seguente trattazione comprende, quindi, il veicolo immatricolato
all’estero ed introdotto in Italia in regime di temporanea importazione,
per motivi turistici o altro, da parte di cittadino residente
all’estero.
I veicoli in importazione temporanea possono circolare senza bisogno di
alcuna formalità per un periodo non superiore ad un anno, così come
previsto dall’articolo 132 del Nuovo Codice della Strada che dispone
quanto segue:
“Circolazione dei veicoli immatricolati negli Stati esteri.
1. Gli autoveicoli, i motoveicoli e i rimorchi immatricolati in uno
Stato estero e che abbiano già adempiuto alle formalità doganali o a
quelle di cui all’articolo 53, comma 2, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331,
se prescritte, sono ammessi a circolare in Italia per la durata massima
di un anno, in base al certificato di immatricolazione dello Stato di
origine.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica ai cittadini residenti nel comune di Campione d’Italia.
3. Le targhe dei veicoli di cui al comma 1 devono essere chiaramente
leggibili e contenere il contrassegno di immatricolazione composto da
cifre arabe e da caratteri latini maiuscoli, secondo le modalità che
verranno stabilite nel regolamento.
4. Il mancato rispetto della norma di cui al comma 1 comporta l’interdizione all’accesso sul territorio
nazionale.
5. Chiunque viola le disposizioni di cui al comma 1 è soggetto alla
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 80 a euro
318”.
Oltre al residente all’estero in visita turistica, possono beneficiare del regime di importazione temporanea:
a) i rappresentanti di commercio;
b) i proprietari o affittuari di una casa in Italia, di un appartamento o
di una villa, anche se risiedono qualche mese all’anno in Italia;
c) i malati che soggiornano in Italia per ragioni di salute;
d) i cittadini italiani residenti all’estero che effettuano solo brevi soggiorni in Italia;
e) gli studenti che terminano gli studi o che seguono dei corsi;
f) le persone che si recano in Italia regolarmente o abitualmente, purché siano residenti all’estero;
g) le persone che si recano in Italia a scopo professionale;
h) le persone che visitano l’Italia per affari;
i) rappresentanti di una ditta commerciale che si rechino in Italia per sorvegliare i lavori in corso.
Condizione primaria per beneficiare della franchigia è comunque la
residenza fuori dal territorio doganale, riferita al titolare, ma anche
al conducente[3], che può essere parente del titolare entro il terzo
grado[4] o persona delegata[5] (la delega non è necessaria se il
titolare è a bordo).
La mancanza di uno o più dei requisiti che permettono il regime della
temporanea importazione, ai sensi dell’art. 216 del codice doganale,
comporta la realizzazione del reato di contrabbando[6] (ora
depenalizzato per l’evasione di oneri doganali inferiori a lire
7.745.000 [7]).
Non possono beneficiare del regime d’importazione temporanea:
a) le persone che sono iscritte nei registri della popolazione dei
Comuni d’Italia fatta eccezione per i lavoratori italiani stabilmente
all’estero che abbiano però mantenuto l’iscrizione nel proprio Comune;
b) le persone che, indipendentemente dalla causa del loro soggiorno in
Italia, vi esercitano una attività professionale in modo permanente,
così da poter essere considerate come aventi la loro residenza
principale in Italia (esempio: una persona che abita in una regione di
frontiera di un Paese confinante ed esercita la sua professione nella
regione di frontiera italiana; una persona straniera o italiana che
esercita la sua attività professionale in Italia e che abita in un Paese
vicino
dove rientra tutti i giorni o ogni settimana).
In riferimento a tale fattispecie si possono verificare le seguenti ipotesi.
Se il veicolo viene condotto da persona residente in Italia o da
cittadino straniero diverso dal titolare (senza delega o senza vincolo
di parentela entro il terzo grado o senza che il titolare sia a bordo
oppure per scopi commerciali quali possono essere il noleggio, il
servizio di taxi etc.) si concreta l’illecito doganale di cui agli
articoli 216, 282, 292 del codice doganale; il veicolo viene
assoggettato a sequestro ex articolo 301 del medesimo codice con
conseguente invio degli atti alla Guardia di Finanza per gli adempimenti
di sua competenza esclusiva.
Quindi, il veicolo introdotto in Italia (da un Paese terzo) in regime di
importazione definitiva da persone ivi residenti senza il pagamento dei
diritti doganali viene ritenuto contrabbandato (anche perché il regime
di importazione temporanea è previsto solo per i residenti all’estero) e
quindi sottoposto alla disciplina del codice doganale con conseguente
sequestro e passaggio degli atti alla polizia tributaria.
Non commettono il reato di contrabbando utilizzando veicoli a loro
intestati ed immatricolati all’estero, coloro che hanno trasferito la
residenza in Italia dall’estero a patto che, se cittadini italiani,
abbiano protratto la residenza all’estero per almeno 18 mesi continuati e
siano possessori del veicolo da almeno 12 mesi.
IMPORTAZIONE COMUNITARIA
In ambito comunitario non esistono formalità doganali da assolvere ma,
in caso di importazione definitiva, si pone il problema di stabilire se
anche in questo caso vi sia l’obbligo di nazionalizzare il veicolo
acquistato in territorio UE, mediante immatricolazione con targa
italiana e successiva iscrizione al PRA.
Un primo orientamento aveva sostenuto la tesi negativa, ritenendo che i
veicoli comunitari potessero circolare con documenti e targa stranieri
senza alcuna limitazione temporale.
Nel merito della questione è poi intervenuto il Ministero dell’Interno,
che con la nota che qui sotto si riporta ha sciolto ogni dubbio,
prevedendo che anche il cittadino comunitario che trasferisca la sua
residenza in Italia, scaduto il termine di un anno, possa circolare in
Italia con il veicolo di sua proprietà solo previo assolvimento degli
obblighi previsti dall’art. 132 del Codice della Strada, ovvero previa
nazionalizzazione del veicolo stesso, pena l’applicazione della sanzione
di cui al comma 5 del medesimo articolo (sanzione amministrativa del
pagamento di una somma da euro 80 a euro 318).
“ Ministero dell’interno – Servizio Polizia Stradale
Nazionalizzazione dei veicoli di proprietà di cittadini della U.E che hanno acquisito la residenza in Italia
(Risposta n 300/A/1/27794/111/56 del 24 ottobre 2007)
Si fa riferimento al quesito qui pervenuto con nota n. 38271/07 Coll.n.
29957/07 del 1° giugno 2007, concernente la corretta disciplina
sanzionatoria da applicare ai casi di cittadini comunitari che dopo aver
stabilito la loro residenza in Italia, continuano a circolare sul
territorio nazionale con veicoli di loro proprietà, senza aver
provveduto a nazionalizzare il mezzo.
Nel merito della questione, acquisito il parere del Ministero dei
Trasporti, si ritiene che anche nei confronti dei conducenti di veicoli
di cui trattasi, è configurabile l’applicazione delle disposizioni
dell’articolo 132 del Codice della Strada con le relative sanzioni di
cui al comma 5 del medesimo articolo.
IL DIRETTORE DEL SERVIZIO
Dr. A. Giannella”
Pertanto, come precisato dal Ministero dell’Interno, mentre per la
patente rilasciata in un Paese della U.E. non esiste un obbligo di
conversione per esplicita previsione della direttiva 91/439/CEE, per
quanto riguarda i veicoli non vi è analoga disposizione e, ferma
restando la libera circolazione transfrontaliera (che ha fatto venire
meno l’applicazione della legge doganale in materia di contrabbando), il
veicolo potrà circolare per un anno ai sensi dell’articolo 132, ma
entro tale termine dovrà essere reimmatricolato (di norma senza
necessità di visita e prova), ovvero esportato.
Quindi, ad esempio, un cittadino tedesco che si trasferisca
definitivamente in Italia potrà circolare al massimo per un anno con il
veicolo recante targa e documenti di circolazione rilasciati in
Germania, ma entro tale termine dovrà provvedere all’immatricolazione
italiana, senza necessità di visita e prova (salvo il caso in cui debba
essere revisionato o sia di importazione parallela o in altri casi
particolari)”.
Al fine di stabilire la data di definitiva importazione di un veicolo
immatricolato in uno Stato membro, si noti che non essendo prevista
alcuna formalità doganale in ambito comunitario, nel caso in cui il
veicolo sia immatricolato a nome dello stesso soggetto che ha stabilito
la residenza in Italia, gli organi procedenti potranno presumere tale
data da quella di acquisizione della residenza del proprietario del
mezzo, valutata congiuntamente alla prima notizia della presenza del
veicolo in Italia.
Diversamente, nel caso in cui il veicolo venga introdotto in Italia da
un soggetto già residente, al fine di stabilire la data di definitiva
importazione potrà essere utilizzata qualsiasi prova, come per esempio
un verbale di accertamento di una violazione.
CICLOMOTORI “IMMATRICOLATI” ALL’ESTERO O COMUNQUE RECANTI UN SEGNO DISTINTIVO ESTERO
Come abbiamo visto l’articolo 132 è riferito agli autoveicoli,
motoveicoli e rimorchi immatricolati all’estero. Nel Nuovo Codice della
Strada manca, infatti, una disposizione che consenta esplicitamente la
circolazione in Italia dei ciclomotori esteri.
Tuttavia la Convenzione di Vienna obbliga le parti contraenti ad
ammettere in circolazione internazionale sul loro territorio i
ciclomotori il cui conducente abbia la propria residenza abituale sul
territorio di un’altra Parte contraente.
La circolare del Ministero dell’interno prot. n. 300/A/1/54463/106/16
del 18 luglio 2006, precisa che la normativa di cui all’articolo 97 non
trova applicazione per i ciclomotori che si trovano sul territorio
nazionale in circolazione internazionale ovvero al seguito dei
proprietari non residenti in Italia.
Un orientamento dottrinale ricostruisce pertanto la disciplina
applicabile ai ciclomotori stranieri nel modo seguente: “Nel caso in cui
un ciclomotore sia immatricolato in uno Stato estero o comunque riporti
una targa o contrassegno di riconoscimento rilasciato all’estero, non
può essere legittimamente condotto da una persona residente in Italia,
perché in questo caso il veicolo non potrebbe essere considerato in
circolazione internazionale e dovrebbe essere pertanto soggetto alla
normativa nazionale italiana relativa ai ciclomotori, compreso l’obbligo
di targatura e di rilascio del certificato di circolazione.
La persona non residente in Italia, infatti, può del tutto
legittimamente (anche se, preme evidenziarlo, del tutto eccezionalmente
ed in seguito ad una deroga prevista nelle convenzioni internazionali e
recepita dalla prassi ministeriale) portare e condurre il proprio
ciclomotore estero nel nostro Paese (superando i confini territoriali in
circolazione oppure, come spesso avviene, trasportandolo mediante
autoveicoli per utilizzarlo durante i periodi di villeggiatura o
turismo), poiché in questo caso il veicolo è considerato in circolazione
internazionale e quindi escluso dall’applicazione della normativa
italiana; tuttavia, qualora il ciclomotore estero fosse condotto da una
persona residente in Italia, verrebbero meno le suddette condizioni e si
renderebbe necessaria la completa applicazione della normativa
italiana, comprese le sanzioni previste dai commi 7 ed 8 dell’articolo
97 del codice della strada per la circolazione con un ciclomotore per il
quale non è stato rilasciato il certificato di circolazione e
sprovvisto di targa.
Naturalmente, nel verbale di contestazione dovrà essere adeguatamente
specificato che il ciclomotore, munito di documenti e targa o
contrassegno esteri, è condotto da una persona residente in Italia,
pertanto la circolazione, non potendo essere considerata internazionale,
può essere consentita soltanto con la targa ed il certificato italiani
attualmente previsti dalla normativa vigente nel nostro Paese (le stesse
considerazioni, comunque, erano perfettamente valide anche con il
contrassegno di identificazione ed il certificato di idoneità tecnica
previsti nella precedente formulazione dell’articolo 97).
Le stesse sanzioni, infine, andranno applicate anche negli altri casi di
violazione delle condizioni contenute nella Convenzione di New York,
secondo la quale il veicolo può essere utilizzato nello Stato terzo
soltanto per un periodo non superiore a sei mesi l’anno e per uso
privato e può essere condotto esclusivamente dal proprietario residente
all’estero oppure da un altro residente all’estero che sia parente entro
il terzo grado del proprietario o sia munito di apposita delega”.
VEICOLI CON TARGA EE
Sono muniti di targa E.E (Escursionisti Esteri) i veicoli individuati
dall’articolo 134 del Nuovo Codice della Strada e dall’articolo 340 del
relativo Regolamento e, precisamente: gli autoveicoli, motoveicoli e
rimorchi importati temporaneamente o nuovi di fabbrica acquistati per
l’esportazione, che abbiano già adempiuto alle formalità doganali, se
prescritte (non sono prescritte come abbiamo già detto per i veicoli
UE), e che appartengano a cittadini italiani residenti all’estero o a
stranieri che sono di passaggio.
Per tali veicoli, che quindi appartengono a cittadini non residenti in
Italia, oltre alla speciale targa di riconoscimento è rilasciata una
carta di circolazione della durata massima di un anno, salvo eventuale
proroga. Essi sono considerati esportati all’atto dell’immatricolazione,
e durante la permanenza in Italia restano assoggettati al regime della
temporanea importazione.
All’atto dell’acquisto non viene corrisposto alcun diritto o tassa
riguardante l’ingresso, né tributi equivalenti, che saranno
successivamente corrisposti all’atto della definitiva esportazione.
Poiché durante il periodo di permanenza nel territorio italiano godono
di apposita franchigia doganale, quando manchino o siano venute a
cessare le condizioni di utilizzo fissate ai sensi del secondo comma
dell’articolo 134 chi circola con la speciale carta di circolazione
scaduta è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria e alla
sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo. La
sanzione accessoria non si applica qualora al veicolo, successivamente
all’accertamento, venga rilasciata la carta di circolazione, ai sensi
dell’articolo 93.
La Corte costituzionale, con sentenza del 12 aprile 1996 n. 110 ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo secondo comma nella
parte in cui prevede la sanzione amministrativa accessoria della
confisca del veicolo anche quando sia disposta la proroga della carta di
circolazione successivamente al sequestro del veicolo. Vale la pena
riportare uno stralcio della motivazione del Giudice delle leggi, in
quanto offre un interessante inquadramento della fattispecie.
Precisa infatti la Corte:
“…il primo comma dell’articolo 134 – che non distingue fra veicoli
appartenenti a stranieri comunitari ed extracomunitari o a italiani che
siano o meno residenti in paesi dell’Unione europea – regola sia
l’importazione dall’estero sia l’acquisto in Italia finalizzato
all’esportazione, assoggettando a una disciplina comune casi fra loro
assai diversi. Non è chi non veda, infatti, come una cosa sia
l’importazione temporanea del veicolo di proprietà dello straniero o
dell’italiano residente all’estero e altra l’acquisto in Italia del
veicolo che sarà successivamente esportato. A tale ultima ipotesi
sogliono ascriversi quelle di abuso del diritto da parte dei cosiddetti
importatori paralleli che, fruendo dei vantaggi fiscali assicurati in
ambito comunitario ai veicoli “usati” (ma, in realtà, quasi nuovi),
lucrano sulle differenze di prezzo fra i vari mercati nazionali.
L’esistenza di casi limite, tuttavia, non può giustificare misure
sanzionatorie sproporzionate, quale la confisca del veicolo con carta di
circolazione scaduta ai sensi dell’art. 134, comma 1, del nuovo codice
della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992.
Una simile sproporzione, come nota il giudice a quo, viene in risalto
per l’applicazione, pure al caso di specie, dell’art. 213 richiamato
dall’ultima parte del comma 2 della disposizione denunciata: allo scopo
di recuperare il pagamento d’una modesta sanzione principale, si fa
carico al contravventore delle spese di trasporto e di custodia del
veicolo e, soprattutto, gli si impone la vendita coattiva, garantendo la
restituzione all’avente diritto del “residuo eventuale” che può essere
anche di gran lunga superiore all’importo dovuto.
La confisca obbligatoria in tutti i casi in cui sia scaduta la carta di
circolazione, senza eccezione alcuna e senza valutazione delle diverse
situazioni di fatto prospettabili all’autorità amministrativa
competente, costituisce violazione del canone costituzionale della
ragionevolezza. Sì che la disposizione in esame deve essere dichiarata
incostituzionale al pari di quella già caducata con la sentenza n. 371
del 1994.
Siffatto esito non può, tuttavia, che essere limitato alla parte della
disposizione che prevede la confisca quando il titolare del diritto sul
veicolo abbia ottenuto (anche successivamente al sequestro) la proroga
della carta di circolazione per le ragioni di fatto che avrà inteso
sottoporre all’Amministrazione. Tale limitazione, se da un lato consente
alla disposizione di operare con rigore nell’unica direzione
ammissibile, quella dell’abuso del diritto, tenendo distinte le meno
gravi violazioni del precetto, dall’altro assicura una soluzione
immediata per quei casi meritevoli di considerazione da parte
dell’ordinamento, giacché nella specie vi è già stata una
immatricolazione provvisoria che darà luogo alla nazionalizzazione del
veicolo o alla sua esportazione”.
In relazione ai veicoli con targa EE i ministeri hanno dovuto prendere
posizione per dirimere alcune problematiche o dare indicazioni
operative.
Per arginare fenomeni di elusione della corresponsione dell’IVA la
Circolare n. 111 del 02/08/1996 del Ministero dei trasporti e della
navigazione aveva disposto che le targhe EE per veicolo introdotti
temporaneamente da paesi UE, o diretti verso tali paesi, dovessero
essere rilasciate con validità massima di 4 mesi. Tale disposizione è
stata però revocata con la successiva Circolare dello stesso Ministero
di cui si riporta integralmente il testo, sollecitando comunque
l’operatore a prestare sempre la massima attenzione alla scadenza
riportata sui documenti.
“Circ. Min. trasporti 21 luglio 1998, n. 63/98 – Articolo 134 del codice
della strada – Immatricolazione di veicoli con targa EE. Modifica alla
circolare n. 111/96 del 2 agosto 1996 D.G.
A seguito della circolare di cui all’oggetto questa Direzione ha dovuto
registrare una serie di inconvenienti in cui incorrono i cittadini
dell’U.E. che, dimorando in Italia per motivi di primaria importanza
quali ad esempio lo studio, il lavoro, la ricerca scientifica,
protraggano la propria permanenza per periodi di norma ben superiori ai 4
mesi.
In tali ipotesi la targa EE non viene rinnovata né gli interessati possono, allo stato, acquisire la targa nazionale.
Di conseguenza i citati soggetti vengono posti nell’impossibilità di
utilizzare il proprio veicolo (…) è abrogato il termine di validità
delle stesse di 4 mesi, già sancito dalla circolare n. 111/96 del 2
agosto 1996 D.G.
Di conseguenza le targhe EE, ai cittadini dell’U.E., verranno rilasciate
per il termine di validità fissato dall’art. 134 del codice della
strada” .
* * * * *
Come si è avuto modo di appurare la normativa che regola la circolazione
dei veicoli stranieri in Italia contiene sanzioni molto gravi che
possono addirittura arrivare alla vendita all’asta dell’autovettura con
targa estera.
Per questo motivo il nostro consiglio è quello di prestare la massima
attenzione e di passare la frontiera solo dopo essersi assicurati di
aver correttamente adempiuto tutti gli obblighi di legge sopra indicati.
Studio Legale Reichel
Avv. Rossella Corapi
________________________________________
[1] “Chiunque acquisti, permuti, venda o altrimenti ceda quadrupedi,
veicoli o natanti di cui all’art. 1, deve, entro giorni dieci da quello
in cui ne sia venuto in possesso o questo sia venuto in esso a cessare
anche per morte degli uni o per distruzione degli altri, farne regolare
denunzia scritta nella forma e coi dati che saranno determinati. Le
denunzie debbono farsi per i quadrupedi, i veicoli a trazione animale, i
natanti non a motore alla segreteria del Comune di loro dimora
abituale; per i veicoli e natanti a motore agli uffici del P.R.A. della
provincia di loro dimora abituale”.
[2] La nozione di “residenti all’estero” è intesa come abituale
residenza di lavoro, così che al cittadino residente anagraficamente in
Italia, emigrato all’estero per lavoro è concesso di importare in regime
di esenzione doganale un autoveicolo per fini personali; tale
agevolazione cessa con la vendita dell’autoveicolo (Cass. pen.,
5/10/1982).
Concetto di normale residenza all’estero – si intende nel senso di
abituale dimora all’estero, caratterizzata dall’elemento della
permanenza in tale luogo e da quello (soggettivo) della volontà
esplicita di abitarvi stabilmente, senza che abbia importanza il fatto
che il soggetto si allontani anche per periodi lunghi per motivi di
lavoro purché lo stesso mantenga il centro dei propri rapporti familiari
e sociali e vi faccia abitualmente rientro (Cass. pen., sez. III, 1998,
n. 1933).
[3] L’affidamento a un cittadino residente in Italia di un veicolo in
temporanea importazione configura il reato di contrabbando (art. 216 d.
p. r. 23 gennaio 1973, n. 43) in quanto si verifica un uso al di fuori
delle condizioni previste nell’art. 1 della convenzione di New York del 4
giugno 1954 (Trib. Palermo, 29 gennaio 1982).
[4] Il conducente ed il proprietario di veicolo in importazione
temporanea commettono il reato di contrabbando nel caso in cui
quest’ultimo abbia autorizzato il primo alla guida dello stesso, nella
consapevolezza che il conducente non ha la residenza normale fuori dal
paese di importazione. Non sono autorizzati all’uso del veicolo in
importazione temporanea nemmeno i componenti della c.d. “famiglia
nucleare o cellulare”, se non residenti all’estero stabilmente (Cass.
pen., sez. III, 7/11/1990).
[5] In base all’art. 11 della convenzione di New York del 4 giugno 1954,
solo chi ha la residenza normale all’estero può usare in Italia un
veicolo in importazione temporanea previa autorizzazione da parte del
proprietario (Cass. pen., 19/11/1985 ).
[6] L’importazione temporanea di veicoli è subordinata alla è ammessa
solo per chi ha la propria residenza abituale all’estero, per fine
privato (artt. 2 e 31 della convenzione di New York del 4 giugno 1954);
il difetto di una sola di tali condizioni realizza il reato di
contrabbando in concorso tra il proprietario e il conducente (Cass.
pen., sez. III, 15/3/1994).
[7] Nei casi previsti dagli articoli 282, 283, 284, 285, 286, 287, 288,
289, 290, 291, 292 e 294, se l’ammontare dei diritti di confine dovuti
non supera lire sette milioni e non ricorrono le circostanze indicate
dall’articolo 295, secondo comma, si applica, in luogo della pena
stabilita dai medesimi articoli, la sanzione amministrativa pecuniaria
non minore di due e non maggiore di dieci volte i diritti di confine
dovuti. Nei casi previsti dall’articolo 294, la sanzione non può essere
comunque inferiore a lire un milione.
La sanzione può essere aumentata fino alla metà se ricorre la circostanza indicata dall’articolo 295, primo comma.
Le disposizioni degli articoli 301, 301-bis e 333 si osservano anche con
riguardo alle violazioni previste dal presente articolo. I
provvedimenti per i quali, in base alle medesime disposizioni, è
competente l’autorità giudiziaria sono adottati dal capo della dogana
nella cui circoscrizionale la violazione è stata accertata.
Nei casi in cui le violazioni previste dagli articoli indicati nel primo
comma conservano rilevanza penale sebbene l’ammontare dei diritti di
confine dovuti non superi lire sette milioni, per la presenza delle
circostanze aggravanti indicate dell’articolo 295, secondo comma, queste
ultime restano soggette al giudizio di equivalenza o di prevalenza con
eventuali circostanze attenuanti a norma dell’articolo 69 del codice
penale.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai fatti di contrabbando relativi a tabacchi lavorati esteri.