Principi comunitari in tema di circolazione degli sportivi

Il principio – e il relativo diritto – della libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali costituisce baluardo fondamentale dell’intero impianto del diritto comunitario, nonché una delle libertà caratterizzanti la cittadinanza europea.

La circolazione delle persone all’interno dell’UE coinvolge numerosi diritti di grande importanza e delicatezza; basti pensare a quanto strettamente essa si intrecci al tema del lavoro e della sua valorizzazione come strumento di crescita della società e di realizzazione dell’individuo.

Il diritto comunitario sancisce fondamentali principi a presidio di tale libertà, a cui si prefigge di garantire una sempre crescente tutela. Fra i principali, possono annoverarsi:

  • l divieto d’ogni discriminazione sulla base della nazionalità (art. 18 Trattato sul funzionamento dell’Unione europea o TFUE);
  • Il diritto d’ogni cittadino e lavoratore dell’Unione di circolare e soggiornare liberamente e senza discriminazione nel territorio degli Stati membri (artt. 21 e 45 TFUE);
  • La libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) e il divieto di restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione per i cittadini degli Stati membri stabiliti (art. 56 TFUE).

All’interno di questo quadro generale si colloca anche l’attività sportiva, la cui natura peculiare è espressamente riconosciuta dall’articolo 165 TFUE.

Ci si può, allora, chiedere se l’impianto normativo appena riassunto sia ad essa riferibile. La risposta è, in linea di massima, affermativa, con alcune precisazioni d’obbligo.

Con il Trattato di Lisbona, sono state conferite all’Unione europea competenze di coordinamento, supplementari e di sostegno, nel settore dello sport, pur prevedendo che la competenza resti nazionale.

Le norme che disciplinano lo sport promanano, dunque, dalle singole federazioni sportive, ma – come sancito a più riprese dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) – debbono essere conformi alla legislazione UE sulla libera circolazione dei lavoratori e dei servizi in quanto incidano sull’aspetto economico dell’attività, ovvero laddove, nel caso concreto, essa assuma le caratteristiche d’una prestazione di lavoro subordinato o di servizi retribuita. Le disposizioni del Trattato non si applicano, invece, a quelle norme di carattere prettamente sportivo, in primis, le regole del gioco.

Ulteriori restrizioni, espressamente contemplate, del principio della libera circolazione riguardano, ad esempio, la selezione degli atleti per la composizione delle squadre nazionali, la limitazione del numero di partecipanti a una gara o la determinazione delle scadenze per i trasferimenti di giocatori negli sport di squadra.

Sotto il profilo soggettivo, la disciplina comunitaria si applica non solo agli sportivi professionisti e semi-professionisti (in qualità di lavoratori), bensì anche alle figure professionali dello sport (in qualità di fornitori di servizi) ed agli sportivi dilettanti (in qualità di cittadini dell’UE).

In conclusione: qualunque discriminazione fondata sulla nazionalità, anche indiretta, che ostacoli ingiustamente o leda il diritto alla libera circolazione dei soggetti menzionati, impedendo un’effettiva parità di trattamento e d’opportunità, è contraria al diritto comunitario. Tale ordinamento, in virtù dell’efficacia immediata del principio di non discriminazione, prevale sulle norme nazionali contrarie.


Studio Legale Reichel
Avv. Danilo Giandini